Federico Rampini: ecco gli errori che fanno crescere le destre
Federico Rampini è un indagatore della realtà. Non si accontenta dei luoghi comuni e delle versioni di comodo. Così da tempo sta ragionando sulle destre e sulle sinistre e sulle ragioni per le quali una parte degli elettori ha deciso di dare il suo voto alle formazioni politiche di destra togliendolo a quelle di sinistra. La contrapposizione fascismo-antifascismo per lui è una banale semplificazione che porta fuori strada e non aiuta minimamente a capire come stanno le cose veramente. Eppure è quella più diffusa. Così ha scritto un articolo – uno dei tanti – sul Corriere della Sera di martedì 3 luglio (in versione estesa sul sito del Corriere) che vale la pena sintetizzare per la sua lucidità.
Parte dall’affermazione che “Un filo rosso unisce il risultato elettorale del primo turno in Francia, e la possibile rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti”. Rievoca quindi il ricordo di quando nel 1986 cominciò ad affermarsi il Front National guidato dal padre di Marine Le Pen, Jean-Marie che riuscì a farsi eleggere nell’Ile-de-France”. Era il primo segno dello spostamento a destra della classe operaia francese. La banlieue parigina cominciò a votare a destra. La ragione che Rampini indica come causa scatenante del fenomeno è l’immigrazione. “La sinistra mitterrandiana non poteva capire, perché era ben insediata nei quartieri chic della capitale (come la Rive Gauche), dove gli immigrati sono soltanto utili: guidano il metrò, raccolgono la spazzatura, servono nei ristoranti, vengono a fare le pulizie di casa. In periferia, invece, dove abitano gli operai metalmeccanici di Renault, gli algerini marocchini e tunisini erano i vicini di casa, sul pianerottolo dirimpetto. I loro figli erano gli adolescenti che trattavano le ragazze bianche come delle prede sessuali. Erano talvolta gli spacciatori di quartiere” e gli autori di gesti di teppismo
Rampini osserva che esisteva “già allora una legittimazione “di sinistra” dell’aggressività in nome dei torti del colonialismo da riparare”. Gli operai “dovevano subirla tacendo, in nome delle “colpe dei bianchi”. Intanto si aprivano nuove moschee pagate dai petrodollari sauditi. La polizia nelle periferie lasciava ad altri il controllo del territorio.
Rampini fa risalire a quegli anni la sua ricerca sugli errori della sinistra che avevano permesso l’affermazione di Le Pen. Il problema è che il luogo comune di tanta opinione di sinistra (e cattolica) è che “bisogna stare dalla parte dei più deboli”. Che poi sarebbero gli immigrati perché “una parte della sinistra, ha deciso che sono sempre e soltanto queste le vittime dell’ingiustizia, per definizione. Tanto peggio per i pensionati poveri, con cittadinanza nazionale, se la sera hanno paura a rincasare da soli perché sotto casa loro comandano gli spacciatori. Gli si risponde con citazioni statistiche, per dimostrargli che non esiste un legame tra stranieri e criminalità. Dunque se loro vedono dei nordafricani spacciare impunemente sui marciapiedi del loro quartiere, è un’illusione ottica”. Una constatazione che parla di tutte le grandi città europee e che noi italiani conosciamo molto bene.
Deboli sarebbero anche gli operai, quelli tradizionali come i metalmeccanici e quelli nuovi come i fattorini che consegnano i pacchi o le commesse degli ipermercati o i vigilantes e tutto il personale di sicurezza. Rappresentano la fascia bassa del mondo del lavoro. Il problema è che per tanto tempo la sinistra si è preoccupata degli ultimi (gli immigrati) e non di questi lavoratori che erano comunque penultimi. L’attenzione dei media si è rivolta a loro e così tanti interventi assistenziali.
L’immigrazione da decenni è soprattutto irregolare, ma parlare di rispetto delle frontiere attribuisce automaticamente l’etichetta di destra. Invece “a volere il rispetto delle frontiere, sono gli immigrati stessi. Ne ho incontrati tanti negli Stati Uniti. Per esempio messicani integrati da tempo, i quali votano Trump perché «di qua regnano la legge e l’ordine, di là il caos». Perché? Il fatto è che se i migranti fuggono dall’Honduras o dal Guatemala o da qualche regione messicana dove comandano i narcos, è proprio perché negli Stati Uniti pensano di trovare un sistema diverso da quello che lasciano; uno Stato di diritto, dove la polizia e i tribunali funzionano, dove chi rispetta le regole può lavorare in pace, far studiare i figli, costruirsi un futuro migliore. Il confine lo vogliono oltrepassare non perché lo considerano obsoleto, ma al contrario perché lo considerano una protezione efficace, a tutela di chi sta dall’altra parte… la parte giusta”.
E ancora sempre “pescando dalla su amplissima esperienza negli Usa “il messicano che si è naturalizzato diventando cittadino degli Stati Uniti, nel rispetto delle regole e delle procedure, talvolta condivide le preoccupazioni dell’operaio bianco del Michigan: come in tante altre cose, pensa, anche per l’immigrazione è questione di quantità, di dosaggio, di regole e di equilibri. Se lo Stato riesce a far rispettare le proprie regole, dà un’impronta e una disciplina ai nuovi arrivati; in caso contrario l’immigrazione diventa un’invasione, destabilizza e genera insicurezza”.
Qui Federico Rampini vede il collegamento che unisce il risultato elettorale in Francia, e la possibile elezioni di Trump. “Continuare a dire che una «marea nera» neofascista minaccia di sommergere le due democrazie più antiche d’Occidente, è l’alibi ideale per non chiarire le responsabilità di quel che sta accadendo. È comodo e ingannevole parlare di “peste nera” come fosse un flagello naturale, un’epidemia. Così si evitano di fare nomi e cognomi dei colpevoli, e si evita di elencare gli errori fatali, di chi ha consegnato alla destra questa egemonia”.
Claudio Lombardi
Commento ad integrazione
Nell’articolo di Rampini manca una considerazione che l’autore ha già fatto varie volte in altre sedi, ma che va richiamata perché aiuta a capire una problematica molto intricata eppure semplice. Quando Rampini parla di ultimi e di penultimi bisogna aggiungere che i primi si collocano in un ambito sovranazionale, i secondi in un ambito nazionale. Quando le sinistre, i cattolici e i moderati enfatizzavano l’immigrazione con tutti i suoi drammi si ponevano nella prima dimensione. Le destre, invece, volevano occuparsi delle comunità nazionali. Questa è diventata la grande discriminante tra destra e sinistra ovviamente declinate al plurale perchè fatte di tante posizioni diverse. Che gli immigrati siano necessari per rimpolpare il mercato del lavoro o per alzare i tassi demografici non conta perché il punto è esattamente quello delle modalità di ingresso in una società. Gli immigrati non ci servono a caso ossia quelli che arrivano irregolarmente non è detto che siano utili. Infatti più spesso sono un problema. Chi li difende lo fa per ragioni umanitarie riferite ad una dimensione sovranazionale. Che va benissimo fino a che non confligge con gli interessi di una parte della società nazionale. A quel punto arriva il rifiuto e non da parte dei ceti più agiati bensì da quelli più disagiati che vedono le risorse per interventi assistenziali e per servizi ridotte e la stabilità sociale compromessa dai nuovi arrivati. Le destre si inseriscono in questo conflitto mentre le sinistre con i loro richiami alla solidarietà e alla sopportazione hanno già scelto una posizione impopolare.
C. L.
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