I risparmi di oggi = gli sprechi del passato. Cosa frena lo sviluppo

sprechi soldi pubbliciCi sono notizie che fanno piacere, ma nello stesso tempo spaventano. Nei giorni scorsi il governatore del Lazio Nicola Zingaretti ha annunciato i risultati della revisione della spesa per l’anno ancora in corso. Lo ha fatto parlando dei tagli che saranno imposti dalla legge di stabilità per invitare il governo a colpire solo le regioni che sprecano e non quelle che già stanno risparmiando. Il Lazio lo ha fatto con risparmi di 382,5 milioni per il 2014 e di ben 697 milioni sul 2015. Il risparmio maggiore viene dalla Centrale unica degli acquisti che dà 246 milioni di risparmi nel 2014 e ne darà 327 nel 2015. Altri 200 milioni nel biennio verranno da tagli a stipendi, vitalizi, rimborsi e a 500 poltrone di dirigenti e cda regionali. Segue la spesa farmaceutica (-38 milioni sui due anni) e quella sulle consulenze e gli atti sanitari (-23 milioni sul biennio). Zingaretti annuncia altri risparmi che verranno con l’attuazione dei Piani operativi sanitari e, quindi, taglio di 400 primariati e attacco ai ricoveri inappropriati. Ma non finisce qui perché arriverà il Magazzino unico regionale digitale della sanità.

Benissimo, bravissimo. Ma perché queste notizie spaventano un po’? Perché stanno a significare che per decenni abbiamo convissuto con sprechi immensi. Si dice sprechi per non infierire, ma, in realtà, dietro ad ogni spreco ci sono interessi personali o di gruppo o scambi che hanno rubato risorse alle casse pubbliche per mettersele in tasca nelle forme più diverse o per trarne vantaggio in qualsiasi modo (voti, posti di lavoro, privilegi, retribuzioni ecc).

centri di spesaLe cifre sopra riportate si riferiscono ad una sola regione e a due anni (2014 e 2015). Proviamo a moltiplicare quei dati per tutti i centri di spesa italiani e per tutti gli anni che abbiamo alle nostre spalle e avremo la spiegazione del debito pubblico italiano e della fine che hanno i soldi incassati e spesi dallo stato, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dagli enti pubblici e da qualunque altra entità che ha vissuto (e vive) direttamente o indirettamente grazie alle risorse pubbliche.

Con i soldi che sono stati dilapidati dovremmo avere le strade d’oro e, invece, stiamo come stiamo. E abbiamo anche imparato a lagnarci della nostra condizione cercando un capro espiatorio lontano da noi – in Europa, nella finanza internazionale, nella globalizzazione – senza voler riconoscere che abbiamo vissuto, come nazione, in un modo indifendibile.

basta sistema clientelare mafiosoCiò non significa che chi perde il lavoro o chi porta a casa uno stipendio di mille euro o meno ha colpa di ciò che è accaduto. Significa che il sistema Italia è stato costruito sul parassitismo che ha garantito alle classi dirigenti di restare al potere prendendosi la parte più grande della torta e comprando con le briciole distribuite dal sistema clientelare (e mafioso) milioni di italiani.

Il debito pubblico serve e non è possibile pensare ai conti dello stato come a quelli di una famiglia. Ma serve se è investito per far crescere l’economia, i servizi e la qualità della vita complessiva in un paese. Se viene usato per alimentare il sistema clientelare e mafioso che dominava e dura ancora in Italia allora è un crimine perché stronca ogni possibilità di sviluppo consegnando le ricchezze del Paese alla guerra delle bande. Gli scandali che si sono succeduti nel corso degli anni hanno fatto emergere una realtà delinquenziale nella politica e nelle istituzioni che è un vero attentato alla convivenza civile.

Continuare così è impossibile ed è anche una follia pensarlo. Ma cambiare è doloroso e molto difficile. Ne siamo consapevoli?

Claudio lombardi

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