Strage di Parigi: la guerra dell’occidente
Hanno portato la guerra nella nostra vita quotidiana. Cosa vogliono da noi i terroristi che hanno colpito il popolo di Parigi e che minacciano di fare lo stesso a Roma e in altre città europee? Bella domanda. Probabilmente non si tratta di persone arrivate qui dalle zone di guerra in Siria o in Iraq, ma di cittadini francesi o di immigrati che vivono e lavorano in Francia da anni. E, dunque che vogliono? Sfogarsi con un terrorismo fine a sè stesso?
Purtroppo no. Vogliono fare la loro parte nella guerra scoppiata nel mondo islamico tra sunniti e sciiti che ormai si è trasformata nel tentativo di far nascere un nuovo stato arabo. Questa è l’idea del califfato che l’Isis ha proclamato e che sta perseguendo con la guerra ai governi e agli stati esistenti nel Medio Oriente e nel Nord Africa. Oltre i vecchi confini, con una forte identità religiosa e in grado di raggiungere l’estensione territoriale e la popolazione necessari per farne una vera e propria potenza.
E noi che c’entriamo? C’entriamo perché è una guerra di conquista contro gli equilibri raggiunti nel secolo scorso e derivanti dalla sconfitta dell’Impero Ottomano, dalla fine del colonialismo e dalle guerre combattute in zone cruciali per il controllo delle fonti energetiche e i paesi occidentali hanno deciso quali stati far nascere e in quali confini, hanno appoggiato governi amici, hanno stabilito rapporti economici come prosecuzione del dominio coloniale.
Ma tutto ciò non può giustificare ciò che sta accadendo. Bisogna che l’occidente affermi di non volere la nascita di una potenza araba islamica basata sull’ideologia del fondamentalismo e orientata alla guerra. Non vuole per il petrolio? Ma non diciamo stupidaggini! Non siamo più negli anni ‘50. Ormai i produttori non stanno più solo nel mondo arabo, i giacimenti che dovevano esaurirsi sono invece aumentati e la crisi ha pure ridotto la domanda e diversificato le fonti energetiche in maniera inimmaginabile nel passato. E poi chi ha solo il petrolio a qualcuno lo deve vendere e se alza troppo il prezzo non trova compratori. Dunque se il califfato significasse solo controllo del petrolio non sarebbe una minaccia per nessuno. Il problema è che una potenza economica e militare araba nata da una guerra di conquista e basata su un’ideologia di espansione attraverso la guerra non si fermerebbe in Siria o nel nord dell’Iraq, ma tenderebbe ad allargarsi in altri paesi per imporre la supremazia in tutto il mondo arabo e islamico.
L’espansione non si fermerebbe ai nostri confini, ma continuerebbe con una strategia di respingimento in direzione dei paesi europei con il terrorismo. Il motore dell’espansione è infatti la ricerca di una nuova identità del mondo arabo islamico che fa della religione una ideologia capace di riempire il vuoto di valori e di ideali che si avverte da noi come dall’altra parte del Mediterraneo e non si può fermare alle nostre frontiere oltre le quali vivono milioni di persone di religione islamica la cui conquista è nei piani dell’Isis.
Lo scontro con l’occidente sta qui ed è inevitabile. D’altra parte ciò che proclama l’Isis è proprio questo e la strage di Parigi significa che fanno sul serio.
E dunque anche noi dobbiamo fare sul serio nella lotta al terrorismo.
Prima di tutto dobbiamo controllare il nostro territorio perché il pericolo non viene dall’esterno, ma è già qui. Questo è il momento di scatenare una controffensiva su più fronti. Se abbiamo una supremazia tecnologica dobbiamo farla valere innanzitutto sul terreno dei controlli e della prevenzione. Che fine ha fatto il mitico sistema di controllo su ogni tipo di comunicazione di cui si favoleggiava anni fa? Ora è il momento di farlo funzionare perché i terroristi o aspiranti tali comunicano sui social network apertamente oppure si tengono in contatto con internet. E il controllo sui passeggeri degli aerei che vanno e vengono dalle zone vicine a quelle dove si combatte dove sta? Perché non sono ancora tracciati? Dobbiamo anche controllare chi migra perchè un’accoglienza indiscriminata e disordinata favorisce le infiltrazioni di combattenti dello stato islamico.
Ci vuole però anche una battaglia culturale perché i nostri valori non sono quelli del denaro di cui racconta a volte la nostra timida coscienza intrisa di sensi di colpa, ma quelli della libertà, della dignità dell’individuo e dei diritti. Sono questi i valori che ci hanno permesso di costruire un sistema di vita che i poveri di mezzo mondo vengono a cercare perché è il più avanzato e vantaggioso per le persone. E dunque diciamolo apertamente e difendiamolo perché la conquista delle coscienze è un’arma che può essere decisiva.
Rivendichiamo la nostra diversità e la nostra identità e raccontiamola anche bene perché è il frutto di secoli di evoluzione, di guerre, di stragi, di disastri immani. Noi siamo liberi di andare dove ci pare, di mangiare ciò che ci piace, di ascoltare la musica e di ballare, di vivere la sessualità e i rapporti sentimentali come vogliamo, di credere in un dio o in un altro o di non credere con la coscienza che nessuno potrà mai imporci con la violenza le sue scelte. Chi ci attacca vuole distruggere questa nostra libertà e noi non possiamo rinunciarci e la dobbiamo difendere
Claudio Lombardi
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