Vince Tsipras. E poi? Il problema di fondo delle sinistre
Diamo per certa la vittoria di Tsipras. La misura ce la diranno i conteggi dei voti tra poche ore. Il ragionamento che si vuole svolgere qui, però, prescinde dai risultati perché, quali che saranno le percentuali, la sostanza non cambia.
Tsipras e Syriza sono l’unica forza politica in grado di rappresentare la Grecia in uno dei momenti più drammatici della sua storia. Hanno trovato le parole giuste e si propongono di realizzare l’unica via d’uscita nel breve periodo al fallimento dello Stato greco. E poi è una forza nuova, nata nella crisi che dovrà fare i conti seriamente con i problemi di fondo del Paese che governerà. Comunque ulteriori sofferenze inflitte al popolo greco non risolverebbero i problemi, ma li rinvierebbero nel tempo.
Di fatto oggi la Grecia è tenuta in piedi dal denaro sborsato dalla BCE, dal FMI e dagli stati europei. È così dal 2012 quando il debito pubblico verso i privati fu tagliato di oltre il 50% e la Grecia si vide alleggerire di ben 100 miliardi di euro. I soldi dell’Europa arrivarono insieme alla prescrizione di misure di austerità particolarmente drastiche che colpirono con durezza il tenore di vita di milioni di greci. Non è servito a niente e la Grecia continua ad avere bisogno di capitali freschi che il suo sistema economico non produce. Il problema della Grecia, quindi, come anche quello di tanti altri stati europei, è quello di come rilanciare lo sviluppo economico e non di rispettare limiti di deficit o di arrivare a un pareggio di bilancio che da soli non hanno senso.
Per questo sbagliò la cosiddetta troika ad imporre i piani di austerità. Sbagliò sì perchè la Grecia degli anni precedenti allo scoppio della crisi (2009) era un paese che sperperava risorse che non aveva e non cresceva. Il livello di evasione fiscale era enorme, la corruzione diffusa e la spesa pubblica assicurava un discreto benessere e stipendi a buona parte della popolazione.
Bisognerebbe ricordarsi, però, che, fino allo scoppio della crisi, la Grecia godette della “luna di miele” dell’euro con un buon rating internazionale, prestiti in abbondanza e ridotti tassi di interesse. Un’abbondanza di risorse che oggi viene invocata come la chiave per risolvere tutti i problemi, ma che, in quegli anni, si rivelò incapace – in Grecia e in Italia – di portare vero sviluppo. Un’abbondanza che servì soltanto ai governi per rinviare la resa dei conti gonfiando il debito e usandolo per spostare sulle generazioni future l’onere di affrontare i problemi. Sarà questo il punto sì o no?
Oggi la battaglia di Syriza è per un nuovo taglio del debito pubblico e per misure che migliorino la condizione di vita dei greci. Persino la Germania sembra rassegnata a concedere una ristrutturazione del debito. Si è calcolato che nella fornace greca la sola Italia ci abbia messo in questi anni qualcosa come 50 miliardi di euro che sarebbero in gran parte perduti se la richiesta di Tsipras fosse accolta. Probabilmente non sarà accolta, ma si concederanno dilazioni così ampie e tassi di interesse così bassi che i soldi dell’Europa prestati alla Grecia dovranno essere in gran parte dati per persi.
Forse la cosa migliore sarebbe di fissare col nuovo governo il costo di un programma di rinascita e di soccorso; finanziarlo con ulteriori prestiti e poi rinviare alle “calende greche” il grosso del debito. E il tutto senza imporre condizioni che risultino penalizzanti per il popolo greco.
Magari sarebbe bene anche riconoscere il debito di gratitudine verso i paesi europei che hanno permesso alla Grecia di sopravvivere. I toni battaglieri di Tsipras tendono a nascondere questa semplice verità e i prestiti nella sua oratoria diventano un diritto del popolo greco che i poteri forti dall’esterno vogliono negare. Demagogia che serve per prendere voti e per “darsi la carica”, ma che non può essere la base di una politica.
Il ragionamento che si voleva svolgere qui, però, va oltre la svolta che si prepara in Grecia e intende prendere spunto dalla storia drammatica di questi anni per rivolgersi in particolare alla sinistra. Detto in due parole: fino a che è il tempo dell’abbondanza i problemi sono mascherati e la sinistra sembra non accorgersene contentandosi di qualche vantaggio per la sua base sociale in una logica di scambio che tende a legittimare ciò che accade ai piani alti della società.
Quando l’abbondanza finisce, arriva l’emergenza e, ancora una volta, si mettono da parte i difetti strutturali del sistema. Magari si accettano sacrifici tentando di difendere le condizioni di vita della parte più debole della società. Oppure si pigia direttamente sul tasto della ribellione sociale per riavere ciò che la crisi si è portata via.
I problemi di fondo però si affrontano con difficoltà. Nel caso italiano c’è una parte della sinistra che prova a farlo con luci e ombre. In Grecia si è quasi costretti a puntare sul richiamo demagogico per raccogliere le forze necessarie ad una svolta. Ma il futuro come sarà? Il nodo cruciale sta sempre nello squilibrio tra entrate e spese e nell’uso che si fa del denaro pubblico. Inutile urlare contro il neoliberismo quando si dipende interamente dai prestiti internazionali e si vive a debito senza costruire nulla. Se si accetta che la spesa pubblica serva per coprire e alimentare un sistema di potere molto ampio che tocca anche gli interessi di fasce sociali rappresentate dalla sinistra, allora non si può esercitare una funzione di guida della nazione.
Se la sinistra si comporta come un sindacato delle proprie basi elettorali prima o poi i nodi vengono al pettine. Superare questa impostazione e porsi nell’ottica della difesa degli interessi della collettività sarebbe la strada giusta e il salto di qualità vero che serve alla sinistra per governare in tempi di crisi. L’alternativa è cercare di prendersela sempre con un nemico lontano e oscuro e tentare di tamponare le emergenze. Proprio quello che non funziona più.
Qualcuno dirà: ma, e la destra? No, la destra in Italia e in Grecia è impresentabile e improponibile. In altri paesi (Spagna, Germania, Francia, Regno Unito) è una cosa seria che va rispettata. L’unica speranza, per noi e, forse, anche per i greci può venire solo da una sinistra nazionale. Altrimenti c’è solo da attendere la prossima crisi
Claudio Lombardi
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