Abituarsi ai migranti e organizzarsi

Sarebbe ora di smetterla di affrontare le migrazioni come un’eterna emergenza. Gli esseri umani sono sempre alla ricerca di una vita migliore. Se la trovano dove sono nati bene, sennò la cercano altrove. Il fatto che si rivolgano in gran numero ai paesi occidentali è un riconoscimento che sono più ricchi, più dinamici e più liberi di ogni altra parte del mondo. Siamo l’esempio di un successo che spesso non apprezziamo. Comunque le migrazioni non toccano solo l’Europa, ma sono un fenomeno globale.

Fissati questi punti bisogna essere ragionevoli. Se la migrazione non è l’eccezione, ma la regola si tratta di organizzarsi per gestirla. Rifiutarla non ha senso perché genera caos. Aprire le frontiere senza limiti porta al rigetto. Fra questi due estremi c’è lo spazio delle politiche dell’immigrazione. Creare canali di ingresso regolari è la parte fondamentale. Poi c’è l’organizzazione dell’accoglienza e dell’integrazione senza la quale si generano tensioni non governabili. Poi c’è il problema dei soccorsi in mare. La collaborazione tra autorità pubbliche e Ong è necessaria, ma basata su patti chiari e sulla trasparenza. Salvare dei naufraghi sì, mettersi d’accordo con i trafficanti per attendere i gommoni poche miglia al largo no. Infine bisogna cooperare con i paesi di provenienza per favorire lo sviluppo locale e limitare le partenze. Se poi, fatto tutto questo, ci sarà lo stesso un naufragio lo affronteremo senza ridicole autoflagellazioni

28 febbraio 2023

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