Cosa vuol dire oggi essere un socialista europeo? (di Salvatore Sinagra)

giovani europeiIl primo di Marzo a Roma si è svolto il congresso del Partito del Socialismo Europeo; Martin Schulz è il candidato socialista alla presidenza della commissione Europea. C’è qualcosa di nuovo o la notizia è di routine visto che il 25 maggio si vota per il Parlamento Europeo?

Sembra proprio che qualcosa di nuovo ci sia partendo da una domanda: cosa significa dirsi socialisti oggi in questa Europa in cui dopo anni di politiche sbagliate le differenze si sono un po’ smarrite? Prendiamo la questione del rigore; i socialisti non negano che i conti pubblici vadano tenuti sotto controllo, ma non ammettono che lo si faccia pagando il prezzo di una disoccupazione che ha ormai toccato livelli inaccettabili (nella UE ci sono 26 milioni di disoccupati, di cui 6 sotto i 25 anni). Per recuperare risorse i socialisti puntano sulla razionalizzazione della tassa sulle transazioni finanziarie, sulla lotta all’evasione, all’elusione e alla competizione fiscale e lanciano l’idea di una re-industrializzazione orientata all’innovazione e rispettosa dello sviluppo sostenibile.

scelte pseQuesto è l’indirizzo che guiderà le scelte politiche dei socialisti. La sintesi è nelle parole chiave individuate per le prossime elezioni: un’Europa che va avanti, un’Europa che protegge, un’Europa che funziona. Ottime intenzioni perché non c’è dubbio che l’Unione Europea negli ultimi anni non ha funzionato, non è andata avanti e non ha protetto (Germania a parte). Stretta da tanto tempo in un assetto istituzionale che era stato pensato dopo la IIa guerra mondiale per evitare che gli Stati membri si facessero di nuovo la guerra tra loro e poi passato a fronteggiare la globalizzazione con il trattato di Maastricht e l’Euro, ma non in grado di affrontare le crisi sistemiche importate da “fuori i confini”, il credit crunch e una recessione che ormai dura da 6  o 7 anni.

Al congresso Schulz ha detto che serve più democrazia e che  l’Unione Europa non diventerà la copia degli Stati Uniti d’America. Quindi si capisce che il PSE non sposa il modello federalista che effettivamente sembra troppo diverso dalla situazione attuale per immaginarlo come orizzonte di queste elezioni.

“L’Europa che funziona” comunque mette al centro la necessità di una svolta rispetto all’Europa conservatrice. Una svolta concreta fatta anche di un’unione bancaria con cui è stato stabilito che le banche vengono salvate dalle banche e non dagli Stati e di interventi per l’occupazione giovanile. Poca roba? Forse, ma tanti interventi concreti possono cambiare più di altisonanti proclami che restano parole senza tradursi in fatti.

debito comune europeoLa questione forse più difficile da affrontare è quella che fa riferimento alla  mutualizzazione delle responsabilità e dei benefici. In parole semplici significa arrivare ad un debito comune dei paesi dell’area euro. Cosa molto difficile tanto è vero che i socialdemocratici  in Germania hanno provato inutilmente ad inserirlo nel programma di governo. Magari una vittoria dei socialisti a livello europeo consentirà di rilanciare la proposta.

Un rischio che è emerso nel congresso è la competizione al ribasso degli Stati membri. I socialisti europei forse intendono prendere le distanze dalle politiche di competizione fiscale aggressive poste in essere da Gran Bretagna, Austria e da altri paesi nordici? Non si sa, ma sicuramente stanno prendendo le distanze dal modello tedesco basato sulla forza dell’export grazie a milioni di minijob ed alla contrazione salariale. Del resto è quello che ha iniziato a fare a Berlino il vicecancelliere Sigmar Gabriel, socialista, che vorrebbe convincere Angela Merkel a modificare proprio questi aspetti delle riforme realizzate negli anni passati. Oggi i socialisti europei, che pur hanno a lungo governato l’Europa con popolari e liberali, si dichiarano lontanissimi dal modello rigorista che predica tagli alla spesa pubblica e bassi salari.

Essere socialisti oggi vuol dire mettere al centro il lavoro e rilanciare l’Europa sociale, un’Europa della parità dei diritti e dei doveri, un’Europa verde e democratica dove la parola redistribuzione torna in primo piano perché si può essere favorevoli alla competizione per migliorare, ma non alla più spietata concorrenza che abbassa i salari e sopprime i diritti.

Solo parole? Vedremo presto se sarà così.

Salvatore Sinagra

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