Il “Fattore Trump” nell’equazione ucraina
L’analisi politica non è il mio campo, e continuerò a ripeterlo ogni volta che mi troverò ad invadere tale ambito, ma temo di non poter fare a meno di avventurarmici se voglio continuare a studiare la situazione del conflitto in Ucraina. Perché se è vero che il sostegno EUROPEO all’Ucraina continua ad essere la variabile fondamentale nell’andamento della guerra, l’atteggiamento diplomatico AMERICANO è la variabile impazzita della situazione. Quella che era la variabile X fino alla fine dell’anno scorso è diventata una (X + Y), dove Y rappresenta l’imprevedibile “fattore Trump”.
Per come la vedo io, una delle ragioni fondamentali della vittoria elettorale di Donald Trump risiede nel fatto che per moltissimi americani lui appare come “uno di loro che ce l’ha fatta”, piuttosto che “uno dell’élite” che da sempre genera i massimi esponenti politici americani. I Bush e i Clinton sono percepiti come “élite”, indipendentemente dall’appartenenza politica: una élite che conosce il mondo, ma che è ormai troppo distante culturalmente dalla gente comune, parla in modo difficile di argomenti astratti ed è ormai percepita come aliena.
Trump non parla difficile ed esprime concetti da bar, è facile da seguire anche per le persone più semplici; in molti versi rappresenta poi il “sogno americano” aggiornato, perché appare come “uno semplice che ce l’ha fatta”. È riuscito a far dimenticare di avere ereditato la sua fortuna invece di costruirsela da zero, e anche di aver fatto bancarotta e perfino commesso reati: con il suo linguaggio e l’atteggiamento spavaldo ha conquistato la simpatia semplice dell’americano medio. I suoi elettori lo descrivono come uno che “ha il cuore al posto giusto”. È uno di loro, e loro si fidano a prescindere.
Il problema è che per moltissimi versi, gli americani hanno ragione: sotto tanti aspetti Trump è davvero “uno di loro”. Non credo di dire nulla di nuovo o di azzardato se aggiungo al discorso che Trump è anche un narcisista conclamato. Caratteristica comune a tante personalità politiche, ma nel suo caso lui è un narcisista di grande successo, e che quindi vede il suo narcisismo confermato dai fatti. Lui quindi “non sbaglia mai”.
Quando esprime un concetto, magari anche di impulso per eccitare il suo pubblico, non tollera di essere smentito: al contrario, ribadisce il concetto con maggior forza e impone ai suoi collaboratori di fare altrettanto, fino al punto di convincere anche l’opinione pubblica stessa che crede in lui. Crea così le sue “verità virtuali”.
Fra queste verità, quella della folla alla sua prima inaugurazione (che secondo lui sarebbe stata superiore a quella di Obama otto anni prima), del desiderio di canadesi e groenlandesi di diventare americani, della semplicità virtuosa della politica dei dazi, e dell’ineluttabilità del fatto che tutto il mondo riconosca la superiorità americana e si pieghi alle direttive da Washington purché queste siano presentate con sufficiente energia. Lui ci crede veramente, perché sono idee semplici da americano medio, e perché lui “non sbaglia mai”.
Dove ci porta questo discorso, per quanto attiene al conflitto in Ucraina? Ci porta alle sgradevoli somiglianze fra Trump e Putin. Non sono amici, tutt’altro; però si riconoscono e si rispettano, perché sono simili. Non sono semplicemente due narcisisti conclamati: sono entrambi narcisisti di successo; gente sorta dalla pancia del proprio Paese, con idee semplici ma ferree. Condottieri che “non sbagliano mai”, e che non tollerano accanto a loro collaboratori che dissentano dalle loro semplici convinzioni. Condottieri “invincibili”, che si circondano di consiglieri via via sempre più impreparati ma anche sempre più fedeli e accondiscendenti. Condottieri che si vedono come “realisti”, ma che in realtà tendono a semplificare i problemi fino al limite dell’infantilismo, e che quindi alla fine risultano irrazionali. Personalità caparbie, e imprevedibili. Un Putin razionale non avrebbe mai invaso l’Ucraina così come ha fatto. Un Trump razionale non avrebbe distrutto la sua leadership dell’Occidente come ha fatto.
Ma lo hanno fatto, e quindi noi dobbiamo prendere atto della loro irrazionalità.
L’Occidente (EU, Gran Bretagna, Canada, Australia, Giappone, Ucraina…) deve prendere atto di dover affrontare due controparti – per quanto a loro volta contrapposte fra loro – fondamentalmente ostili e irrazionali.
Orio Giorgio Stirpe (da facebook)
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