La partecipazione politica ai tempi del coronavirus
La pandemia ha modificato traumaticamente il nostro stile di vita e di milioni di persone in tutto il mondo. All’improvviso ci siamo ritrovati “isolati” e “limitati” nelle nostre azioni quotidiane. Ciò ha avuto ampie ripercussioni sociali a partire dal modo di comunicare e di relazionarci con gli altri. Si sono sviluppate innovative forme di comunicazione e, soprattutto, nuove modalità per fare comunità, nel tentativo di capire e reagire insieme al dramma in cui ci siamo imbattuti.
Di conseguenza anche il modo di fare politica è dovuto cambiare a tutti i livelli. Chi ha avuto la prontezza di cogliere l’occasione per adeguarsi è riuscito ad intercettare e a far esprime queste rinnovate esigenze sociali che lasceranno profondi segni anche in futuro. Nel nuovo contesto, infatti, non serve più solo un leader che raduni masse o seguire le vecchie logiche dell’informazione mediatica, ma, come per la ricerca del vaccino, occorre rimanere in continuo contatto con diversi soggetti per condividere validi contenuti al fine di individuare efficaci soluzioni comuni.
Già nel 1967 Marshall McLuhan ci aveva insegnato che “Il medium (il mezzo utilizzato per comunicare) è il messaggio”, ma oggi questa affermazione ha acquisito maggiore valore nel nuovo contesto eccezionale. Durante la quarantena le persone non cercavano solo delle fonti verticali di informazione, ma virtuali luoghi temporanei in cui provare attivamente a capire cosa stava succedendo, in connessione con una comunità di persone ritenute affini con cui potersi riconoscere e confrontare. Una evoluzione del messaggio e dei suoi obiettivi non solo dovuto alla maggiore diffusione dell’uso degli strumenti di connessione da remoto in ogni attività quotidiana, ma allo stesso momento storico che il genere umano vive in tutto il mondo.
Soprattutto, in una prima fase, dopo l’esigenza di capire cosa fosse il virus, l’opinione pubblica ha sentito forte l’esigenza di comprendere cosa stesse facendo l’Unione europea, sempre più sotto attacco da parte delle forze euro scettiche, e magari trovare forme collettive per influenzarne le scelte fondamentali. Alcuni hanno capito la gravità del momento e hanno tentato di innovare la propria comunicazione politica per cogliere l’occasione di far giungere il messaggio europeo ad un audience sempre più ampia.
In sostanza tramite il supporto di strumenti telematici si sono costruiti luoghi virtuali in cui persone potevano incontrarsi per dibattere su questioni ritenute di fondamentale importanza. Il fatto che gli incontri fossero da remoto ha esteso il bacino di utenza e strutturato nuove comunità delocalizzate trasversali. Grazie ai collegamenti a distanza, inoltre, è stato più semplice coinvolgere diversi relatori esterni di una certa rilevanza, arricchendo il livello del dibattito e dunque la sua stessa attrattiva verso un folto pubblico.
Tale modello di partecipazione virtuale, basato su una comunicazione trasversale e ricca di contributi esterni, ha avuto un altro punto di forza: la produzione di una serie di materiali “social” (video registrazioni, pillole di interventi, #, foto e locandine varie) che vivono autonomamente e circolano ben oltre l’evento stesso per cui sono state ideate, diffondendo a loro volta un messaggio da parte di testimonial che assumono rilevanza non unicamente per la loro notorietà, ma per il fatto di aver deciso di metterci la faccia in nome di un ideale.
Ben presto si ripartirà con i tradizionali riti della politica e appuntamenti elettorali, ma difficilmente potrà tornare ad essere tutto come prima. Oggi la comunicazione politica si è arricchita di numerosi blog, eventi video registrati, pillole comunicative, foto e locandine che come messaggi in bottiglia fluttuano nel mare magnum della rete alla ricerca di chi è disposto a raccoglierli. Anche queste piccole esperienze diffuse capillarmente hanno contribuito a creare quel contesto necessario all’approvazione del Next generation EU, dando nuovo slancio alle istituzioni comuni che negli ultimi mesi sono state messe sotto stress.
Paolo Acunzo
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!