Legittima difesa e difesa dai reati
Ad ogni rapina in casa o in negozio ritorna il tema della legittima difesa. I livelli di guardia dell’esasperazione sono ormai stati raggiunti da anni e la legittima difesa rischia di diventare un feticcio sul quale scaricare ansia, rabbia, frustrazione. Immaginare che tutti possano realizzare una difesa armata della propria abitazione e del proprio negozio che li metta al riparo dalle aggressioni è una pura illusione che solo chi non sa nulla del maneggio delle armi e delle tecniche che servono per usarle in uno scontro diretto può alimentare.
Secondo la legge la legittima difesa è sempre possibile purchè ci si trovi in presenza di un pericolo per la propria incolumità e la difesa sia proporzionata all’offesa. Nel caso delle aggressioni in casa o nei locali dove si svolge un’attività commerciale o professionale la proporzionalità tra difesa e offesa è sempre presunta ove si tratti di difendere non solo l’incolumità propria o altrui, ma anche i beni. Unica condizione è che vi sia pericolo di aggressione e non vi sia desistenza da parte di chi aggredisce.
Per essere chiari: se chi aggredisce cessa la sua aggressione e fugge viene meno la legittima difesa.
Di contro, se chi aggredisce insiste nella sua azione è legittimo usare contro di lui ogni possibilità di difesa.
Nella realtà non è possibile distinguere nettamente le due situazioni. Infatti i casi di cronaca e le vicende giudiziarie che li hanno seguiti hanno mostrato l’esistenza di zone opache che è toccato ai magistrati affrontare con l’interpretazione delle norme (che è sempre prevista per poterle applicare ai casi concreti).
In particolare i problemi nascono quando chi mette in atto la legittima difesa ritiene di trovarsi nelle circostanze che la prevedono compiendo, però, una valutazione errata che lo porta ad azioni di difesa anche in assenza di un’aggressione in atto che si sia manifestata come tale. L’esempio potrebbe essere quello di qualcuno che si nasconde dietro una tenda avendo violato l’altrui domicilio, ma senza compiere atti di aggressione e la cui scoperta porti ad una reazione armata che ne causa il ferimento o la morte. È legittima difesa questa?
Bisogna quindi accettare che nessuna norma potrà mai prevedere tutte le situazioni che realmente si possono verificare e, di conseguenza, ci sarà sempre bisogno di un magistrato che accerti lo svolgimento dei fatti. Bisogna anche considerare inaccettabile che una semplice violazione di domicilio giustifichi l’uccisione di chi la compie. Chi, come la Lega di Salvini, si fa portabandiera del diritto di vita e di morte contro chi si introduce negli spazi privati compie un’opera folle di imbarbarimento che si ritorcerebbe contro gli stessi che dice di voler difendere.
Occorre uscir fuori da un dibattito asfittico nel quale si pensa alla legittima difesa come se si trattasse della risposta risolutiva al problema dei furti e delle aggressioni in casa. In realtà UNA soluzione non c’è. Ci possono essere risposte diverse tra le quali c’è anche la legittima difesa, ma c’è anche l’inasprimento delle pene e la certezza che siano rispettate.
I giornali sono pieni di storie di rapinatori catturati e subito rilasciati o di condannati a pene che non vengono scontate. Le statistiche dicono che solo una piccola percentuale di ladri e rapinatori (rispettivamente siamo intorno al 4,6% per i primi e al 25% per i secondi) vengono catturati e vengono processati per essere poi condannati, ma finiscono per scontare pene di molto inferiori a quelle previste. Questo demotiva sia le forze di polizia sia i cittadini che spesso evitano persino di denunciare i reati consapevoli dell’incapacità dello Stato di rendere loro giustizia.
Usare la severità e la certezza della pena come deterrente è certamente meglio che affidarsi alle armi che ognuno dovrebbe usare per pensare da solo alla propria difesa. Chi delinque deve sapere che sarà catturato e pagherà con la privazione della libertà i reati che ha commesso. Se questo non accade e i cittadini vengono lasciati soli e si manda loro il messaggio che il carcere non è la risposta giusta perché le colpe sono sempre della società e non dei singoli e che, in definitiva, tutti debbano sopportare chi delinque e comprenderne le motivazioni profonde, allora non ci si può stupire se poi prevalgono le risposte violente.
Le carceri non devono essere dei luoghi di tortura per le condizioni disumane nelle quali sono costretti a vivere i detenuti. Che se ne costruiscano di nuove allora, ma non può essere che lo Stato fugga dalle sue responsabilità e se ne lavi le mani lasciando le persone oneste alle prese con la delinquenza.
Claudio Lombardi
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