Sul Senato e altro: svolta autoritaria o no?
Ci mancava solo l’appello contro “la svolta autoritaria” che, puntualmente, è arrivato. In ogni momento critico della vita politica nazionale ci sono intellettuali che si incaricano di analizzare la situazione e riescono sempre ad individuare il virus che attacca la democrazia. Ci riescono perché di questi virus ne sono circolati tanti e perché è giusto che assumano il compito di vedette che controllano dall’alto ciò che può accadere al nostro Paese.
Stavolta l’appello è promosso da un gruppo fra i migliori studiosi e protagonisti di tante battaglie in difesa della Costituzione, persone di assoluta competenza e moralità sulle virtù delle quali si potrebbe mettere la mano sul fuoco (Nadia Urbinati, Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Stefano Rodotà, Barbara Spinelli, Paul Ginsborg, Maurizio Landini e tanti altri). Che abbiano messo le loro firme anche Grillo e Casaleggio non cambia il giudizio.
Il ragionamento che muove l’appello è che il Parlamento è delegittimato a riformare la Costituzione perché una sentenza della Corte costituzionale ha bocciato la legge elettorale con la quale è stato eletto. La manovra in atto avrebbe lo scopo di “creare un sistema autoritario che dà al Presidente del Consiglio poteri padronali” sulla base del monocameralismo e dell’accentramento amministrativo con il fine di instaurare una “democrazia plebiscitaria”.
La scelta di un appello breve e dal tono drammatico esclude che ci si voglia mettere sul piano dell’analisi alla ricerca di soluzioni alternative o di correzioni alle riforme proposte dal governo. Il senso è piuttosto quello di una chiamata alla mobilitazione e alla lotta contro chi vuole stravolgere democrazia e Costituzione.
Ora, mettetevi nei panni di un cittadino di buona volontà che osserva da decenni, lui sì veramente impotente, ciò che hanno combinato dietro il sipario della democrazia intere generazioni di rappresentanti del popolo di ogni parte politica (fatti salvi gli innocenti e gli onesti che sono stati tanti, ma poco hanno fatto per denunciare e fermare gli altri). Il menù è così ampio che riesce difficile elencarlo. Si può solo tentare di riassumerlo in poche parole: interessi privati nello svolgimento di funzioni pubbliche. Il bello è che tutto è stato fatto nella pienezza delle norme che hanno regolato per decenni la democrazia italiana. Proprio quelle norme che non dovrebbero essere toccate perché sarebbero il baluardo contro la “svolta autoritaria”.
Sicuramente i promotori dell’appello non hanno alcuna responsabilità personale, diamolo per scontato, ma vogliamo dire che è difficile chiamare alla mobilitazione in difesa di qualcosa che è stato usato a piacimento per tanti anni e che ha prodotto lo sfascio attuale? Vogliamo dire che anni e anni di convegni, studi, ricerche, tentativi non hanno prodotto altro che chiacchiere? Se non partiamo da qui è difficile che un comune cittadino dia ascolto all’ennesimo appello dietro al quale si intravede il solito immobilismo e l’istinto di conservazione che pare il vero carattere identitario del sistema Italia.
Quindi, come minimo se dal governo viene una proposta di cambiamento che dovrà essere discussa in un percorso lungo mesi merita di essere discussa senza strillare al colpo di Stato
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