Una crisi di governo irragionevole

C’è un tempo per ogni cosa. Quante volte abbiamo sentito questa massima? Probabilmente chi ha aperto la crisi di governo aveva fretta o ha ritenuto che il momento fosse favorevole. A cosa esattamente? Possiamo ipotizzare che Matteo Renzi pensasse ad un nuovo governo con un presidente del Consiglio diverso e che fosse sicuro di ottenere l’appoggio di una parte del Pd e del M5s. Il lungo attacco partito ai primi di dicembre sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (di attuazione in Italia del Next Generation Ue) e sulla sua governance, ampiamente motivato nel merito, poteva portare ad un diverso approdo: una ridefinizione degli equilibri all’interno della maggioranza a favore delle componenti più riformiste ed europeiste. Non sarebbe stato impossibile ed alcuni risultati si stavano già registrando. D’altra parte il M5s da tempo non è più un ostacolo insormontabile. Chi non vuole vedere i cambiamenti che ci sono stati in quel partito da quando si avviò l’avventura dei governi Conte (o, meglio, dai tempi del vaffa day) semplicemente non vuole vedere la realtà. Si poteva continuare su quella strada seguendo un duplice binario: gestione delle emergenze sanitaria ed economica, piano di ricostruzione dell’Italia. Italia Viva aveva redatto una specie di piano alternativo e riproponeva la questione del Mes. Poteva accontentarsi di piccoli passi costruendo all’interno della maggioranza di governo un’area più sensibile alle sue proposte. Sarebbe stata una strada costruttiva che l’opinione pubblica avrebbe compreso.

La scelta, invece, è caduta sull’apertura della crisi. Per andare dove esattamente? Chi esce da un governo ha il dovere di spiegare bene i motivi che in definitiva si possono ricondurre a due sole eventualità: gravi e insormontabili dissensi o soluzione alternativa praticabile. Sul primo punto si è già detto. Ovviamente se si vuole condurre un’analisi critica rigorosa nessun governo di coalizione si salva. Un motivo di critica si trova sempre. Basti pensare al fatto che ogni partito ha l’identico diritto di veder accolte le sue proposte. Se non accade o si realizza solo in parte ecco trovato un ottimo pretesto per la rottura.

Sul secondo punto è evidente che la soluzione alternativa non c’è. Almeno per ora e nell’ambito dei partiti di maggioranza. Probabilmente il governo riceverà un voto di fiducia la prossima settimana grazie all’aggiunta di voti di parlamentari che non fanno parte dei quattro partiti che sostenevano il governo. Una riparazione di emergenza, non certo una soluzione alternativa credibile e durevole nel tempo. Un’altra alternativa sarebbe stata la sostituzione di Conte trovando un altro Presidente del Consiglio. Peccato che i 5 stelle abbiano detto che non vogliono sostituirlo. Avranno pur il diritto di farlo oppure devono obbedire ai piani che altri hanno preparato per loro? Italia Viva ci ha pensato che non basta affermare di aver ragione per convincere gli altri?

Una ulteriore alternativa sono le elezioni anticipate. Considerando che questo Parlamento ha saputo dar vita a due governi con due maggioranza di segno opposto (ma sempre con il M5s al centro) qualche motivo per decidere cosa fare dando la parola agli elettori c’è. Probabilmente è proprio l’alleanza tra partiti così diversi come sono Pd, M5s, Leu e IV che non funziona e allora non c’è che il voto. Ma le elezioni significano almeno tre mesi di fermo dell’attività di governo che dovrà limitarsi all’ordinaria amministrazione. Ce lo possiamo permettere? Qualunque persona ragionevole direbbe di no. Nei momenti critici bisogna unirsi per superarli rinviando la lotta politica a dopo.

In realtà è dall’inizio della pandemia che Salvini e Meloni provano a far cadere il governo e andare ad elezioni. Vuol dire che sono irragionevoli? Dal punto di vista degli interessi dell’Italia certamente sì. Da quello dei loro interessi, invece, sono molto razionali, anzi, cinici. Da un anno cercando di attizzare ogni rancore per scagliarlo contro il governo. Un gioco facile facile visti i sacrifici che siamo stati costretti a fare (e gli errori del governo nazionale e di quelli regionali). È il caso di ricordare che se fosse stato per loro non ci sarebbe stato nessun lockdown e non avremmo indossato le mascherine nè rispettate le distanze e oggi il conto dei morti sarebbe molto più pesante. Ma che importa? I sovranisti, modello Trump e di Bolsonaro non sono forse specialisti nel camuffare la realtà a forza di bugie e finzioni?

La crisi di governo ha come sfondo la pandemia che non si placa, la vaccinazione che è comunque e per tutti i paesi (con l’unica eccezione, forse, di Israele) troppo lenta perché mentre avanza il contagio continua e il virus muta, una crisi economica terribile che deve ancora dispiegare tutti i suoi effetti, un piano di ricostruzione europeo che è un’opportunità da cogliere, ma che l’Italia difficilmente coglierà a meno di uno sforzo eccezionale, una situazione internazionale nella quale sono in corso di ridefinizione i rapporti tra le potenze economiche e militari mondiali.

Se ci fosse ragionevolezza tutti i politici – nei quali si dovrebbe concentrare la massima capacità progettuale e di governo di una società – dovrebbero unire i loro sforzi per l’obiettivo comune di superare la crisi rinviando la competizione tra loro di un paio d’anni. I cittadini giudicheranno al momento opportuno i comportamenti di ogni partito e di ogni politico e daranno il loro voto. Ma ragionevolezza in molti di loro non c’è

Claudio Lombardi

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