GAZA, tomba dello stato palestinese

Perché il 7 ottobre è stato una svolta nella secolare storia della terra di Palestina? Per il fatto che l’ipotesi due popoli due stati è divenuta irrealizzabile.

Premessa: qui non si parla di principi, giusti o sbagliati. Personalmente sono da sempre favorevole ai due stati, ma non è su questo il discorso che segue, vale a dire se sia auspicabile o meno, ma se sia un’ipotesi praticabile nella realtà odierna. Non credo che lo sia più.

Il perché non è difficile da comprendere. Gaza doveva essere il modello, ed è fallito anche se, sulla carta, c’erano molte speranze e diverse possibilità. È una terra con tre confini (Egitto, Israele e mare). Non c’erano più coloni, quelli che lì stavano furono fatti sloggiare da Sharon nel 2005 (https://tinyurl.com/5xpm79jn ) e, per chi se lo ricorda, non fu operazione facile: i coloni opposero resistenza e furono portati via a forza. Non c’era traccia di esercito israeliano, e la striscia godeva di ampia autodeterminazione. Era quindi il modello in vitro e in potenza di ciò che avrebbe potuto essere uno stato palestinese. Se l’esperimento fosse riuscito, non sarebbe stata affatto utopia pensare a continui progressi sino all’instaurazione di un vero e proprio Stato. Era ciò che in molti, e io per primo, si auguravano.

In quel momento, in quel 2005, la striscia aveva, come capi, membri dell’ANP. Arafat era morto da poco, ma i suoi eredi sembravano detenere il governo senza troppe discussioni. L’anno dopo, però, si tengono le elezioni in Palestina, e se in Cisgiordania vince l’ANP, a Gaza vince Hamas  (https://tinyurl.com/yefj495p ). Non solo, Hamas risulta, in generale, anche se di poco, il primo partito. A Gaza scoppia quindi una guerra civile tra Hamas e ANP (https://tinyurl.com/5244n6xj ) che si conclude con la vittoria di Hamas. La Palestina quindi si divide in due, Cisgiordania a ANP, Gaza a Hamas, due formazioni in guerra tra loro, con Hamas forte di uno Statuto che ribadisce  “Non c’è soluzione al problema palestinese che non sia la jihad. Le iniziative, le opzioni, le conferenze, sono spreco di tempo e giochetti da bambini” (https://tinyurl.com/3tpmra7d).

Notizia esaltante, questa, per tutti coloro che, all’interno di Israele (Netanyahu in primis) ai due Stati non ci hanno mai pensato e hanno fatto di tutto perché non ci si arrivasse. Con questa divisione, parlare di Stato unitario palestinese perdeva di senso giorno dopo giorno. Infatti non è un mistero che Netanyahu si augurasse proprio la vittoria di Hamas: avesse vinto Fatah, avesse governato in maniera unitaria striscia e Cisgiordania, l’idea di Stato palestinese avrebbe potuto concretizzarsi giorno dopo giorno. Fosse stata isolata Hamas, il dialogo avrebbe potuto continuare e svilupparsi. Invece così diventava tutto più facile (per Netanyahu, beninteso).

Inizia allora una fase che, a ripensarci ora, sembra un periodo sospeso. Hamas deteneva il potere a Gaza e, fedele ai suoi principi che prevedono la distruzione di Israele e l’instaurazione di una Palestina dal fiume al mare, accumulava arsenali e scavava tunnel. Ogni aiuto che pioveva a Gaza dalla comunità internazionale era destinato in primis al riarmo e, solo poi, allo sviluppo della popolazione. Ovviamente Egitto e Israele vedevano e sapevano, ed entrambi hanno sigillato i loro confini, e il mare veniva pattugliato. Quella che poteva diventare, in potenza, una città stato aperta e pacifica si era trasformata in un bunker guardato a vista. Ciò nonostante, si tentava comunque di mantenere un filo di speranza. Alla vigilia del 7 ottobre, circa 20 mila gazawi (https://tinyurl.com/ymd5ze4z ) passavano ogni giorno la frontiera per andare a lavorare in Israele. Era reddito (molto più elevato di quello medio di Gaza) che veniva speso nella striscia, ed erano tentativi di guardare ad un futuro diverso. Alcuni di questi lavoratori, però, sono stati fonte di informazione per i terroristi del 7 ottobre. Inutile dire che di riaprire le frontiere ai lavoratori ora, e chissà per quanto, non se ne riparla e non se ne riparlerà.

Quindi, Gaza era un esperimento di autogoverno palestinese. Questo autogoverno ha prodotto riarmo e isolamento, da Israele e da Egitto. Ma fino a quel momento, al 7 ottobre, la situazione era sospesa e, si credeva, gestibile nella speranza di un lento percorso di disgelo.

Poi è arrivato il 7 ottobre, con quello che ne è seguito. Parlare di Stato palestinese, in queste condizioni, è puro esercizio retorico. Qualcuno pensa che Israele permetterà mai che a Gaza o in Cisgiordania si formi uno Stato, magari con proprie Forze Armate?  L’esperienza di Gaza, dove un territorio fu lasciato all’autogoverno ha prodotto il 7 ottobre, benzina sul fuoco di chi sostiene, quindi, che i territori vadano controllati capillarmente, con presenza di coloni armati e di esercito; dicono, costoro, che il 7 ottobre è successo proprio perché a Gaza non c’era nessuna presenza dell’esercito israeliano che potesse controllare e prevenire. D’altro canto, la reazione di Israele, i bombardamenti a Gaza, le migliaia di morti e i lutti infiniti, è solo da ingenui pensare che saranno dimenticati presto. Il risentimento verso Israele non diminuirà, nel migliore dei casi, o sarà destinato a crescere e a perpetuarsi per molto. Il tutto presupponendo che non si attuino i propositi di sostituzione etnica (la Riviera di Gaza) prospettata da Trump.

In questa situazione, se si vuole, si parli pure di due Stati, ma chi può pensare che, oltre ad essere un’astratta petizione di principio, questa soluzione sia possibile nella realtà? Ci si fa belli (vedi mozione unitaria di PD, M5stelle e AVS https://tinyurl.com/529etawa) di proclami che chiedono il riconoscimento dello Stato palestinese come Stato “democratico e sovrano”, ma sono chiacchiere al vento. Quale Stato? Governato da chi? Decidiamo noi chi è il rappresentante democratico che ci piace di più, e lo nominiamo Capo di Stato palestinese? Sono scemenze, e lo sanno tutti. Fuffa, destinata a chi si nutre di slogan, senza curarsi se abbiano attinenza con la realtà.

Il 7 ottobre ha impresso una svolta alla storia; se per decenni si poteva pensare, o ci si illudeva, di essere lungo un percorso che aveva, come punto finale, i due stati due popoli, oggi non si può che constatare che quel percorso si è interrotto, e per generazioni, forse per sempre. Il 12 ottobre 2023, poche ore dopo il massacro, Grossman, una delle migliori menti, scrisse che  “E’ possibile che sabato 7 ottobre 2023 sia davvero andata perduta per sempre, o sospesa a tempo indefinito, la minuscola possibilità di un dialogo vero, della riconciliazione con l’accettazione dell’esistenza dell’altro popolo? Cosa dicono adesso coloro che  sbandieravano l’assurda idea dello “stato binazionale”? Israele e Palestina, due nazioni traviate e corrotte da una guerra senza fine, non sono nemmeno capaci di essere cugini e qualcuno pensa ancora che possano essere gemelli siamesi? Dovranno passare molti anni senza guerre, prima che si possa pensare a una riconciliazione, a una guarigione.” (https://tinyurl.com/yu6uj5vy e qui tradotta, non sempre felicemente https://tinyurl.com/2666dmyy )

Aveva, e ha, ragione, purtroppo, le sue parole sono ancora più valide oggi, dopo i bombardamenti seguiti al 7 ottobre. La storia ha svoltato, se ne apre un’altra, si apre un altro percorso del quale non si vede la meta.

Jack Daniel (da facebook)

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