Gestire il cambiamento climatico
C’è una categoria di persone, quando si parla di clima, che riesco a tollerare con sempre minor pazienza, a parte i negazionisti, e sono i faciloni. Con i negazionisti ormai è fiato sprecato: tante sono le prove, le misurazioni, le conferme e le verifiche che chi ancora continua a sollevare dubbi, o si trincera nel suo altezzoso e dubbioso scetticismo, ormai rientra nella categoria del non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. E se non vuole, hai voglia a discuterci: non ascolta.
Ma poi c’è l’altra categoria, i faciloni. Quelli che, sciacallando, quando si verificano episodi estremi, come quelli dell’Emilia Romagna, se ne escono dicendo che bisogna investire sull’energia rinnovabile. Fanno intuire, insomma, che mettendo qualche pala o pannello, riusciremmo a evitare queste immani catastrofi. Spiace, ma non è così, ed è inutile piegare le catastrofi a demagogie da strapazzo. La verità, ahimé, è molto più dura, e faremmo bene, tutti, a farla nostra.
Come ormai sanno tutti (negazionisti a parte ma, si sa, si tappano le orecchie ed è fatica sprecata) c’è una relazione tra concentrazione in atmosfera di gas climalteranti (la famosa e, detto in maniera sbrigativa, Co2) e temperatura, per via di quell’effetto serra che ormai tutti conosciamo. Questi climalteranti vengono alimentati, anno dopo anno, da emissioni superiori alla capacità di assorbimento del pianeta. Ogni giorno, infatti, in equilibrio, diciamo 500 anni fa, il pianeta emette 100 e sottrae 100 (grazie soprattutto al metabolismo vegetale). Succede però, dalla rivoluzione industriale in qua, che noi emettiamo 101 e il pianeta, causa soppressione di foreste e altri sottrattori naturali di gas alteranti, assorbe 99. L’equilibrio si rompe, in misura modesta, rispetto ai 100 di equilibrio, ma dài e dài, quella differenza alla fine fa sì che in atmosfera la concentrazione aumenti, e con lei la temperatura globale.
Bisognerebbe quindi ripristinare l’equilibrio. Come? Con le famose emissioni nette uguali a zero, vale a dire che si cerca di tornare al momento in cui si emette 100 e il pianeta ritorna anche lui ad assorbire 100. Molto bene.
Ma, come detto, la temperatura in aumento non è funzione delle emissioni, ma della concentrazione (a sua volta, certamente, determinata dalle emissioni). E i gas climalteranti in atmosfera ci rimangono per parecchio. Quindi non basta ritornare a emissioni zero per ripristinare l’equilibrio in atmosfera perché i climalteranti del passato e di oggi lì stanno, e lì rimarranno per parecchio. Quindi: anche se domani arrivassimo a emissioni zero, la temperatura continuerà ad essere elevata.
Non solo. A emissioni zero non ci arriviamo domani. L’Unione Europea, che si prefigge i più ambiziosi obiettivi a livello mondiale, conta di arrivarci nel 2050. La Cina nel 2060, l’India nel 2070. E Cina e India sono, oggi, tra i Paesi con le maggiori emissioni. Quindi: sino al 2070, a voler prestare fede ai programmi, la concentrazione di gas climalteranti aumenterà. E, con questa, aumenterà la temperatura. Immaginiamo che tutti i programmi siano rispettati: il mondo nel 2070 avrà emissioni nette pari a zero. Ma per smaltire la CO2 nel frattempo accumulata passeranno decenni, se non secoli.
Conclusione: non c’è nessuna possibilità che un neonato, nato stamattina, possa vivere in un mondo con una concentrazione minore di quella odierna e con una temperatura pari (non parliamo di inferiore) a quella odierna. Vivrà, per tutta la sua vita, in un mondo con concentrazione e temperature maggiori, e fenomeni decisamente più drastici.
E quindi, perché prendere per i fondelli col discorso che se mettessimo qualche pala o panello in più non avremmo le alluvioni dell’Emilia Romagna? Pale, pannelli e centrali nucleari vanno messe, certo, ma non per migliorare il clima del prossimo decennio ma, se va bene, quello del prossimo secolo, il XXII, quello che comincerà il Capodanno del 2100.
E noi che viviamo oggi, nel 2024? Noi solo una cosa possiamo fare: prendere atto di questa disgraziata realtà e quindi non considerare i fenomeni dell’Emilia come eccezionali, ma come la norma. Una norma che potrà verificarsi ogni anno, e non solo una volta all’anno, in varie parti del nostro territorio. I pannelli, insomma, hanno un senso, e guai a chi lo sminuisce, ma un senso infinitamente maggiore, per noi e le prossime (almeno) due generazioni, ce l’ha capire che bisogna intervenire oggi per cominciare a mettere in sicurezza un territorio che nel prossimo secolo sarà squassato da siccità e da alluvioni (entrambe, anche se opposte, fanno parte del capitolo cambiamento climatico). Un territorio che avrà problemi di mancanza d’acqua e siccità in molte zone. Ma anche un territorio che, sottoposto a violente precipitazioni, sarà certamente soggetto a frane e smottamenti.
Considerare, insomma, l’eccezionalità di questi giorni come la norma futura. Eventi secolari potranno ripetersi ogni pochi anni, se non ogni anno. Perché, nonostante quanto raccontino i demagoghi da strapazzo, mettere pale o pannelli, investire sulle rinnovabili, passare all’auto elettrica o altre lodevoli iniziative, non cambieranno il percorso di questo secolo che sarà comunque caratterizzato da maggiori temperature, mari più caldi e fenomeni sempre più estremi.
Non è un post granché ottimista, me ne rendo conto. Molto più facile sparare scemenze facilone sul fatto che se investissimo di più sulle rinnovabili fenomeni quali quelli emiliani non succederebbero, o bloccare il traffico di qualche arteria o tangenziale chiedendo qualche miliardo in più sulle rinnovabili. Molto più facile.
La realtà è che, per i prossimi decenni, non possiamo fare nulla per migliorare la situazione perché i gas, ovunque emessi nel mondo, aumentano la concentrazione globale: non esistono, insomma, concentrazioni europee o cinesi, ma una sola concentrazione globale data dalle emissioni di chiunque nel mondo. Le rinnovabili (e il nucleare) vanno benissimo, ma per i nostri nipoti (quando saranno anziani). Per la nostra e le prossime generazioni c’è solo da mettersi l’elmetto e prepararsi al meglio per prevenire, assorbire e preparare il territorio a ciò che il mutato clima immancabilmente scatenerà.
Tutto ciò fa parte del dibattito politico? Ovviamente no.
Jack Daniel (tratto da facebook)
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