Pensioni: facciamo anche noi come i francesi?
Bravi i francesi a protestare contro l’innalzamento dell’età pensionabile. Perché non facciamo anche noi lo stesso? Altro che 67 anni, come è oggi, portiamola a 62, come in Francia oggi e, anzi, proponiamo 60, come fece Mélenchon alle ultime elezioni. E’ che siamo pappemolli, al contrario dei francesi, e noi subiamo tutto per volontà dell’Europa, del neoliberismo, del capitalismo e non so chi altro. Giusto? Insomma.
Per rispondere a queste posizioni, largamente presenti nei social e nelle conversazioni tra amici, ho preparato questo disegnino che, temo, sia sufficientemente eloquente.
Per chi fosse curioso, qualche informazione in più su cosa vi è rappresentato.
Il grafico riporta, a partire dal 1950, e per ogni anno, il numero di nati (linea verde), dei morti (marrone) e il saldo tra questi due valori (nera). Se i nati sono più dei morti, il saldo (nera) è sopra lo zero (cioè la linea continua rossa) e la popolazione cresce. Il contrario avviene se i morti sono più dei nati. Vediamo che da circa 30 anni il saldo è negativo e la popolazione (al netto di immigrazione) diminuisce.
- a) Poi ho suddiviso i nati secondo le categorie giornalistiche di millennials, boomers etc, categorie che lasciano il tempo che trovano, ma sono una segmentazione ormai popolare e largamente adottata. I boomers sono nati in un periodo non solo di popolazione crescente, ma di popolazione che cresceva ad un ritmo espansivo. Vediamo infatti che il picco del saldo viene toccato nel 1964 quando nacquero più di un milione di bambini (oggi meno di 400mila) e, solo in quell’anno, il saldo fu positivo (cioè la popolazione aumentò) di 526 mila (nel 2022 il saldo è stato negativo di 320mila).
La generazione X si è trovata a nascere in un periodo di saldo positivo, ma sempre decrescente. Infatti la generazione dopo, i millennials, ha visto per la prima volta diventare negativo il saldo e le ultime generazioni (chiamate, non ho idea perché, alpha e Z) hanno visto solo saldi negativi.
- b) Quando si parla di pensioni si fa spesso confusione tra metodo di calcolo e sistema. Partiamo dal sistema: può essere a ripartizione o capitalizzazione. Il sistema a ripartizione è il più diffuso al mondo, ed è quello nostro in Italia. In pratica vuol dire che chi è al lavoro paga la pensione a chi ha smesso. Sono i famosi contributi previdenziali, in linea di massima un 9% dello stipendio a carico del lavoratore e un 24% a carico del datore; in totale un terzo circa del salario viene prelevato al lavoratore per pagare le pensioni di chi non lavora più. Il sistema a capitalizzazione è quello in cui uno mette da parte ogni mese una somma, la affida ad un qualche fondo pensione che, ad un certo punto, ti restituirà un mensile, variabile sulla base di quanti contributi hai versato. Ma, come detto, da noi (e in quasi tutto il mondo) vige il sistema a ripartizione.
Accanto al sistema c’è il metodo, che in linea di massima può essere contributivo o retributivo. Vale a dire: una volta stabilito che a te pensionato la pensione la paga il lavoratore in servizio, quanto ricevi di pensione e perché? Col metodo retributivo ricevi una quota del tuo stipendio (e tralasciamo per brevità di specificare quale stipendio: l’ultimo? quello degli ultimi 5 anni? la media di tutti?) in base agli anni che hai lavorato. Esempio: hai lavorato 40 anni e diciamo che per ogni anno lavorato ricevi il 2% in pensione? Prenderai di pensione l’80% dello stipendio. Hai lavorato 35 anni? Il 70% e via così. Questo il retributivo. Poi c’è il contributivo, vale a dire fare il calcolo dei contributi che hai versato nel corso della tua vita, rivalutarli (e anche qui non entriamo nei dettagli di come siano rivalutati) e determinare la pensione. Una volta fatto il calcolo, determino l’assegno che riceverai ogni mese, assegno che però sarà sempre alimentato dai lavoratori in servizio.
La confusione somma nasce in genere dal confondere contributivo con capitalizzazione. C’è molta gente, insomma, che pensa che il contributivo sia un sistema, vale a dire il fatto che avendo io messo da parte i contributi, la mia pensione me la pago da me. Errore: il contributivo determina il quanto, ma la pensione viene sempre pagata a ripartizione, vale a dire dai lavoratori in servizio.
- c) Ciò ricordato, la conclusione è che con questo sistema a ripartizione, ogni generazione, col suo lavoro, pagherà la pensione a chi sta alla sua sinistra. La generazione X, e i millennials, la pagheranno ai boomers. Quando la generazione X andrà in pensione, saranno millennials e Z a pagarla, e via andando e generazionando. Il trucco lo si vede al volo. Fintanto che la popolazione cresce a ritmo espansivo (cioè il saldo non solo è positivo, ma aumenta di anno in anno) il sistema a ripartizione tiene: ci sono 10 pensionati, ma ogni anno nascono 20 lavoratori che ne portano il peso. Quando il saldo diminuisce e addirittura diventa negativo (da 30 anni in qua) ci saranno pochi lavoratori a tenere in pensione un numero crescente di pensionati (crescente per il fatto che quando questi nacquero il saldo era positivo). Si capisce che la cosa non va bene.
- d) Ergo, l’idea di portare a 60 anni l’età pensionabile è una truffa che solo formazioni che fanno dell’egoismo sociale la propria bandiera possono sostenere. Formazioni corporative, animate solo dall’io speriamo che me la cavo e dopo di me il diluvio. Formazioni che hanno smarrito completamente ogni senso di solidarietà e pongono sé stesse al centro del mondo e vogliono sé stessi beneficiari di privilegi a scapito di altri, soprattutto se questi altri sono più deboli o, meglio ancora, all’asilo e non votano.
- e) Di fronte a questi disegnini comincia il fuoco di fila di argomenti in genere pertinenti quanto il cavolo a merenda. Del tipo:
– Facciamo una patrimoniale! Argomento poco sensato perché già paghiamo tasse patrimoniali sopra la media, ma, soprattutto, la patrimoniale “seria” sarebbe una tantum. Sarebbe insomma, da tirare in ballo qualora mi servisse ora una somma ingente per far fronte ad una catastrofe, ma qui il problema non è oggi, bensì i prossimi decenni di flussi continui anno dopo anno, ed è quelli che bisogna garantire, non trovare una somma ingente oggi.
– Oppure vi diranno: Aumentiamo le tasse, soprattutto ai ricchi! Ottimo, non sono ricco e quindi la cosa non può che farmi piacere. Faccio solo notare che già oggi siamo uno dei paesi con la maggiore pressione fiscale al mondo, prevalentemente sui ceti medi e alti. Se aumentiamo ancora le tasse, poi il rischio è che il ricco se ne scappi all’estero, delocalizzando o prendendo la residenza altrove e quindi pagando le tasse altrove. Ma dato che, come detto sopra, a noi servono soldi per i prossimi “n” decenni, dobbiamo ragionare nel lungo periodo. Se il ricco se ne scappa, insomma, si riducono le entrate. Quindi: prudenza.
– Indebitiamoci! A parte che già lo siamo, e parecchio, non dimentichiamo che se vogliamo indebitarci dobbiamo trovare qualcuno che ci faccia credito, altrimenti nisba. Sicuri che noi possiamo indebitarci quanto ci pare e trovare sempre qualcuno che ci faccia credito? Io proprio no. La Grecia lo era, e infatti entrò in crisi proprio quando si rese conto che nessuno le faceva più credito, e dovette intervenire la trojka con tutto quello che ne è conseguito.
– Facciamo entrare “n” milioni di migranti! Anche qui: nei prossimi anni (e decenni) non cambia nulla. Come detto al punto b) siamo in ripartizione, quindi la pensione la paga il lavoratore. Ma l’immigrato che sbarca oggi, che magari non sa una parola di italiano, è assai difficile che svolga un lavoro con retribuzione tale da pagare le pensioni. Detto semplice: se un immigrato trova un lavoro da 1.000 euro non potrà mai pagare la pensione a chi ne guadagnava 2.000. Suo figlio, che farà le scuole qui e che si formerà qui, sì che potrà svolgere lavori qualificati e quindi ben retribuiti. Ma è cosa che succede la prossima generazione, da accompagnare e favorire (fessi, molto fessi, quelli che invocano i muri o bloccano ius scholae o similari). Ma non risolve il problema da qui ai prossimi 20 anni.
– Lotta all’evasione! Eccellente, non evado e quindi mi va benone. Ma quando sopra ho detto che abbiamo già ora la pressione fiscale tra le più alte al mondo, vuol dire che ciò che lo Stato incassa è, rispetto al PIL, ai valori più alti del mondo. Se tutti gli evasori pagassero il dovuto (cosa impossibile, peraltro, ma anche qui non mi dilungo) la nostra pressione sarebbe al massimo intergalattico. Quindi, noi già oggi abbiamo una pressione al limite del sostenibile, anche con l’evasione.
Tutto quanto sopra, però, è già nel disegnino. La demografia e il sistema a ripartizione sono fatti, sono dati e sono realtà, non è questione di Europa, neoliberismo e capitalismo. Tutto il resto, in genere, chiacchiere o poco accorte, o corporative da parte di chi pensa solo a sé e se ne frega degli altri: vada il mondo in malora, purché io mi salvi.
PS: come e perché questa visione dell’io innanzitutto e gli altri chi se ne frega, sia da qualcuno considerata “vera” sinistra è argomento che appassionerà gli storici del secolo XXIII e successivi.
Jack Daniel (tratto da facebook)
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