Luci e ombre dell’italicum

“Chi si contenta gode”. Potrebbe essere questa la massima da applicare all’accordo sulla legge elettorale. Le novità del nuovo schema sono poche, anzi, solo due: liste bloccate corte e ballottaggio se nessuna coalizione raggiunge il 37%.

Liste corte non significa che il cittadino sceglie i parlamentari: continua a sceglierli il partito. Il cittadino li deve valutare in blocco e se c’è qualcuno che proprio non gli va giù cambia voto o non vota per niente. Un gran bel passo avanti, no? No. Prendere o lasciare non è scegliere.

I piccoli partiti non ci devono stare. Questo il messaggio che la proposta rivolge agli elettori. Nemmeno con l’8% dei voti si ha diritto a stare in Parlamento. Ma se si sta in coalizione allora va bene pure il 4,5%. Per la Lega c’è una norma speciale tagliata su misura. Così i “piccoli” sono avvisati, chi fa casino e alza la voce ottiene una norma speciale; chi si comporta bene viene messo da parte.

Quindi l’unico vero passo avanti è il ballottaggio per il premio di maggioranza. Comunque il 37% è poco ed è calibrato apposta sulle possibilità di vittoria del centro destra e del centro sinistra. Non è una norma razionale, insomma: è strumentale ed opportunistica. Se fosse stata razionale avrebbe fissato una soglia alta, il 40% almeno.

Ovviamente in pochi giorni la grancassa sulle riforme costituzionali si è spenta. Lo si era già capito che, come al solito, dovevano servire a tirare la volata all’unica proposta in ballo, la legge elettorale, ma dopo le dichiarazioni di vari esponenti del centro destra adesso è certo. Le riforme saranno rinviate alla prossima legislatura

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